Il Liceo Scienze Umane in visita ad Alternativa Ambiente
Un ponte tra carcere e comunità
Pubblicato il 5 febbraio 2025
Il 27 gennaio le classi 4a XSU, 5a ASU e 5a BSU del Liceo delle Scienze Umane dell'I.S.I.S.S. “A. Scarpa” di Motta di Livenza-Oderzo hanno avuto l'opportunità di partecipare a un'importante esperienza formativa presso Alternativa Ambiente Cooperativa Sociale, situata a Vascon di Carbonera (TV). L'iniziativa, organizzata dalle docenti di Scienze Umane, Anita Cinot e Romina Badocco, ha permesso agli studenti di confrontarsi con una realtà poco conosciuta ma di grande valore sociale.
La cooperativa Alternativa Ambiente opera nel campo della rieducazione in carcere, offrendo opportunità di lavoro a detenuti, persone in regime di semilibertà ed ex detenuti. L'obiettivo è superare i pregiudizi che ostacolano il loro reinserimento sociale, costruendo un ponte tra la realtà carceraria e la comunità esterna.
Durante la mattinata, le classi hanno assistito a una presentazione sulla cooperativa e sulla struttura del carcere di Treviso, con cui essa collabora. Il momento più toccante è stato l'incontro con un ex detenuto e un detenuto in semilibertà, mediato dalla psicologa dott.ssa Sara Vianello. Le loro testimonianze autobiografiche hanno messo in luce le difficoltà che li hanno condotti a comportamenti devianti, spesso legati a contesti familiari ostili e violenti.
A tale proposito, gli studenti e le studentesse della 4a XSU affermano: «Dalle loro testimonianze abbiamo compreso come si siano sempre sentiti emarginati dalla società a causa delle loro origini e del loro passato. Solo grazie all’accoglienza della cooperativa hanno iniziato a sentirsi parte della comunità. Esperienze come questa offrono a chi ha un passato difficile la possibilità di sperare in un futuro migliore, lontano dai pregiudizi, e di immaginare un riscatto sociale. Crediamo che entrare in contatto con realtà diverse dalla nostra sia un'occasione preziosa per crescere e sviluppare una visione più concreta e consapevole della società in cui viviamo».
La classe 5a BSU aggiunge: «Grazie a questa esperienza abbiamo conosciuto diverse figure professionali che operano in carcere, tra cui educatori, psicologi e criminologi. Abbiamo compreso come sia indispensabile la collaborazione con medici, infermieri, insegnanti e personale della sicurezza per facilitare il collegamento tra interno ed esterno. È stato molto significativo conoscere le condizioni di vita all’interno del carcere: limitatezza degli spazi, sovraffollamento, immobilità del tempo. Ci siamo chiesti, inoltre, come in questo contesto sia possibile realizzare la funzione rieducativa del carcere sancita dall’articolo 27 della nostra Costituzione».
La classe 5a ASU continua: «Ciò che abbiamo ascoltato dalle testimonianze ha evidenziato quanta differenza si possa fare nelle vite di coloro che hanno perso la retta via, aiutandoli a reintegrarsi nella società. Con il supporto di professionisti, possono intraprendere un nuovo percorso e iniziare a pensare in modo diverso al proprio futuro. Ringraziamo le docenti che ci hanno proposto questa visita: abbiamo compreso quanto sia importante e delicato il ruolo del personale della cooperativa e quanto sia complesso gestire questi casi, caratterizzati da grande sofferenza e necessità di interventi adeguati, sia durante che dopo la detenzione».
La prof.ssa Anita Cinot, referente del Dipartimento di Filosofia, Storia e Scienze Umane dell’Istituto Scarpa, commenta l’iniziativa: «Questo tipo di esperienza è molto importante per gli studenti perché, da un lato, si inserisce nei percorsi per le competenze trasversali e l'orientamento (PCTO), dall’altro offre loro la possibilità di conoscere da vicino diverse figure professionali operanti nel contesto carcerario. Le classi hanno compreso come la collaborazione tra educatori, psicologi, criminologi e altre professioni, come medici, infermieri, insegnanti e personale di sicurezza, sia fondamentale per creare un ponte tra il dentro e il fuori del carcere».
«Sarebbe importante affiancare all'educazione alla legalità una pedagogia dell'incontro e dell’interculturalità, per sensibilizzare la comunità a vedere nella diversità una ricchezza e a creare reti di supporto per chi si trova in difficoltà. Tendere una mano e fare rete sono la migliore forma di prevenzione», dichiara la prof.ssa Badocco. «Ritengo che questa esperienza abbia lasciato un segno profondo negli studenti, contribuendo a sviluppare una maggiore consapevolezza sul sistema penitenziario e sulle sfide della reintegrazione sociale».
La Dirigente Scolastica, prof.ssa Maria Cristina Taddeo, si complimenta con le docenti che hanno creduto in questa attività: «Ascoltare testimonianze dirette di persone che hanno vissuto momenti di grande difficoltà, ma che hanno trovato un’opportunità di riscatto, aiuta a sviluppare empatia e sensibilità verso chi si trova in situazioni di disagio. Questo contribuisce alla crescita personale, rendendo gli studenti più consapevoli e attenti alle dinamiche della società. Esperienze come questa sono preziose perché aiutano a formare cittadini più informati, consapevoli e capaci di contribuire attivamente a una società più equa e inclusiva».